Gabriella Gallozzi

L’Unità di Segre: Atto Primo
Non è solo vertenza sindacale e travaglio politico, quello che racconta questa prima parte del film di Segre. Ma è anche passione (politica certamente), sentimenti e drammi personali
di Gabriella Gallozzi

L’occupazione de “l’Unità” si è spostata al festival di Venezia. Nel giorno dei fasti e delle mondanità che hanno segnato l’apertura della Mostra, ha preso il via la lunga maratona, Via due Macelli, Italia. Sinistra senza Unità, il film di Daniele Segre, dedicato ai drammatici giorni che hanno portato alla chiusura della storica testata.
La prima delle dieci puntate del film – documento (ogni giorno alle 13.30 nella Sala Volpi, fino alla fine del festival, tranne il 4 settembre) è stata introdotta dallo stesso direttore della Mostra, Alberto Barbera. Pronto a ribadire, come aveva fatto nei giorni scorsi, la volontà di portare a Venezia “un film che spinge ad una riflessione necessaria su un evento così drammatico come la chiusura di un giornale, l’Unità, che ha segnato la storia del nostro paese per quasi ottant’anni”. Una storia che Segre, in questa prima puntata del suo film, già ribattezzato il più lungo serial politico dei nostri giorni, ricostruisce a partire da quegli ultimissimi momenti, alla fine di luglio, in cui ancora nessuno poteva immaginare che si sarebbe davvero arrivati alla chiusura. Le immagini rimandano le ultime tese e drammatiche riunioni di redazione. L’interrogarsi continuo sul “silenzio assordante” dei Ds. Sulle motivazioni che possono aver portato alla decisione di chiudere l’unico strumento in mano al partito. Sulle incertezze che di volta in volta hanno caratterizzato la direzione del giornale a partire dal ’97, quando è stata avviata la cosiddetta “privatizzazione”, destinata a far entrare nuovi soci per risanare la drammatica crisi economica, in corso da anni. Ma che si è risolta, alla fine, soltanto in un lungo avvicendarsi di direttori, ognuno pronto a cambiare in corsa il giornale diretto dal collega precedente.
Non è solo vertenza sindacale e travaglio politico, però, quello che racconta questa prima parte del film di Segre. Ma è anche passione (politica certamente), sentimenti e drammi personali. Di tutti coloro, giornalisti e poligrafici, che in questo giornale hanno lavorato. Come chi scrive. Per cui le immagini ci rimandano tanti ricordi, tante testimonianze. Come quella, forse la più curiosa, di Aggeo Savioli, “storico” critico dell’Unità che di fronte a chi si “scandalizza” dei rubli inviati da Mosca in anni di guerra fredda, ricorda che al giornale sono arrivati anche dei “dollari, quelli del partito comunista americano”.. E poi dopo i ricordi anche la rabbia. Quella di ritrovarsi senza stipendio dopo mesi di lavoro. E, ancora la beffa di ricevere l’accredito del salario in banca, ma completamente scoperto. Questo racconta la prima puntata del film di Segre. Con passione. Con forza. Tanto che si ha quasi l’impressione di assistere ad un “giallo politico” di cui si attende di vedere il finale. Che chissà quando sarà “girato”.
Intanto, uno dei primi commenti positivi al film di Segre viene proprio dal direttore de l’Unità, Giuseppe Caldarola: “Per noi che quei giorni li abbiamo vissuti – racconta – la puntata è stata emozionante. Anche se so che la prima parte della storia finirà male. Un risultato però c’è stato: finalmente si è aperta una trattativa con l’editore Dalai che renderà più trasparente una vicenda finora completamente oscura”. Per il regista, invece, che porterà il film a Bologna, a metà settembre, invitato dalla Cineteca nazionale, “questa storia non è finita male – ribatte – perché i drammi sono sempre una spinta al cambiamento e alla riflessione. Su questo deve puntare urgentemente la sinistra, sulla ricerca della propria identità. E se, stavolta mancherà questo appuntamento, davvero non avrà più niente da dire”.